Paolo Cordero di Montezemolo negli anni del dopoguerra produceva una piccola quantità di Barolo “speciale” da condividere con coloro che riteneva “meritevoli”. Il concetto di “meritevole” era assai semplice: si trattava di coloro che venivano in persona a scoprire i luoghi dai quali il vino traeva vita, a passare con gli artefici di questo prodotto ore a parlare, ridere, argomentare di tutto e diventare amici. Condividere uno stile di vita ed un culto per il tempo, in cui l’orologio e gli impegni quotidiani parevano “cristallizzare” per almeno una giornata. Il tempo era dalla loro parte e loro, se volevano, avevano la capacità di bloccarlo.
Gli anni hanno, poi, reso tutto più difficile, laborioso e meno avvezzo a questo tipo di approccio, tralasciando man mano, col tempo, la produzione di questo “speciale” Barolo. Arrivammo così alla fine degli anni ’90 e ci si rese conto che qualcosa stava sfuggendo di mano e oggi, nel nuovo millennio, tutto sembra, in effetti, darci ragione. Oggi tutto è veloce, talvolta troppo.
Così nel 1998 decidemmo di produrre un vino che avesse la capacità di riportare indietro l’orologio; di tornare a quel periodo in cui il Barolo non era un vino da far conoscere al più gran numero possibile di appassionati. L’intenzione era di produrre un vino che fosse un dono intimo e raro per coloro che con ardente passione volessero scoprire di più sulla sua natura, desiderare di esserne quasi complici, ambasciatori, parte di un territorio che ha tra i suoi rilievi e le persone che lo abitano qualcosa di magico. Da questo desiderio nacque un Barolo Riserva ottenuto da una minuscola selezione di grappoli del lotto di collina denominato “Gorette” ai piedi del Cedro del Libano, realizzato con la medesima cura degli altri ma lasciato riposare in bottiglia con calma, per molto tempo per poi renderlo disponibile all’acquisto esclusivamente in cantina per i visitatori della tenuta. Un omaggio al Barolo nella sua forma più ampia possibile: suolo, clima, vitigno, produttore e avventore.